Revolutjia. Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky

2.-Repin.-17-Ottobre-1905.

La mostra d'arte russa e sovietica dal Museo Statale Russo al Museo d'Arte Moderna di Bologna MAMbo

Bologna - 7 dicembre 2017 - Karina Mamalygo

Solo dopo la Grande Rivoluzione Russa del 1917 gli artisti sono riusciti a realizzare la loro vocazione; costruire il mondo su principi assolutamente nuovi, ma sopratutto, hanno creduto ed hanno fatto credere agli altri che esistesse la possibilità di formare un modello d’uomo perfettamente nuovo! 

Lo spettatore occidentale è ben consapevole delle opere di Vasilij Kandinsky, Kazimir Malevic, Marc Chagall, Aleksandr Rodchenko, Natal’ja Goncharova, M.Larionov ed è abituato a dividere l’arte russa dell’epoca delle trasformazioni rivoluzionarie rigorosamente in due periodi: quello degli anni ’20 e quello degli anni ’30, l’avanguardia russa ed il realismo socialista dei tempi di Stalin. Ma esiste un altro punto di vista sulla linea dello sviluppo della pittura, portata avanti dalla comunità dei pittori Itineranti (Peredvizhniki) e dai loro seguaci dalla seconda metà del XIX secolo, quasi fino al XX secolo. La missione di questi artisti fu quella di riflettere sulla realtà della vita russa in tutte le sue manifestazioni: spirituali, storiche e sociali. Uno dei rappresentanti più distinti di questa scuola artistica, il pittore Ilia Efimovic Repin divenne il maestro di numerosi pittori sovietici, che a loro volta diedero vita allo stile del realismo socialista. Alla mostra nel Museo d’Arte Moderna di Bologna (МАМbo) saranno esposte due tele del periodo di maturità artistica di questo maestro, che solo parzialmente rispecchiano le sue idee artistiche e sociali. Il quadro di Repin “Che libertà!” fu dipinto nel 1903, quando l’attività degli Itineranti era già oltre il periodo della fioritura. Quest’ opera è l’inno alle speranze umane per raggiungere la felicità e la libertà, ma nella scena sono raffigurati non dei giovani contadini o operai, bensì una giovane dama e uno studente, rappresentanti della borghesia. Vediamo i due tra le onde ribelli del Golfo Finlandese in autunno. Sappiamo che il pittore non era molto soddisfatto del suo quadro in quanto lo definiva un complimento immeritato agli studenti “delle fodere bianche” (di seta, per le uniforme), sopranome che veniva attribuito agli studenti dalle famiglie ricche, partecipanti della futura rivoluzione borghese del 1905. La manifestazione antizarista del 17 ottobre 1905 è rappresentata nell’opera di Repin con lo stesso titolo, nella scena vediamo gli stessi studenti, giovani dame e ricchi signori.

Ilya Repin, "Che libertà!", olio su tela, 1903 ©State Russian Museum, St. Petersburg

Ilya Repin, “Che libertà!”, olio su tela, 1903 ©State Russian Museum, St. Petersburg

Uno dei primi discepoli di Repin fu Valentin Serov, il famoso maestro del ritratto realistico. Il quadro di Serov scelto per la mostra “Soldatini, bravi ragazzi, dov’è ora la vostra gloria?”,titolo che cita una famosa canzone popolare, raffigura la fucilazione degli operai disarmati da parte dei soldati della manifestazione del 9 Gennaio 1905 a San Pietroburgo, chiamata dal popolo “La domenica di sangue” di cui Serov fu testimone oculare. In seguito, per protesta, lasciò il suo posto come membro dell’Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo e regalò il quadro a Maxim Gorky.

Nel “Ritratto della ballerina Ida Rubinstein” Serov si allontana dalla sua maniera realistica. Dipinse questo quadro, in stile simbolista, poco prima della morte seguendo la maniera della corrente artistica “Mondo delle arti” (“Mir Isskustv”), che proclamava l’idea diArs gratia artis“. Secondo il pittore, la bellezza orientale della ballerina doveva ricordare gli affreschi egiziani e proprio per questa ragione lui dipinse il suo corpo a tre quarti, nella stessa superficie del fondo.

Tra gli alunni di Repin fu anche Isaak Brodsky, che dopo 1917 divenne una delle colonne del realismo socialista. Per la mostra è stato preparato il quadroConsegna della bandiera dei comunardi parigini agli operai moscoviti sul campo Chodynka” (1932), un pannello monumentale che riflette uno degli eventi più importanti e memorabili del primo periodo della storia sovietica.

É un dato significativo che il figlio del soldato Ilia Repin cominciò la sua carriera artistica come allievo presso un iconografo, similmente al brillante Kuzma Petrov-Vodkin, che accolse la Rivoluzione con tutto il suo cuore. Alla mostra saranno rappresentate quattro tele di Petrov-Vodkin dalla collezione del Museo Russo, ma purtroppo questi quadri esprimono solo parzialmente la genialità di questo pittore. Le sue opere più illustri, “Il bagno del cavallo rosso” e “La Madonna di Petrogrado” (“1918 a Petrogrado”) si trovano nella Galleria Tretyakov di Mosca.  

Per la mostra di Bologna sono stati preparati invece i seguenti quadri: “Vergine della Tenerezza dei cuori cattivi” (1914-15); “Sulla linea del fuoco” (1916); “Fantasia” (1925)  e “Operai” (1926). La prima di queste quattro tele presenti alla mostra, “Vergine della Tenerezza dei cuori cattivi”, risale al tempo della Prima Guerra Mondiale e manifesta la risposta al male e al caos che all’epoca conquistarono il mondo e la Russia. Il titolo del quadro è la sintesi dei nomi di due tipologie iconografiche della Madre di Dio, quello di“Eleusa” (“Tenerezza”) e quello di “Addolcimento dei cuori cattivi“. L’iconografia della scena, la Vergine vestita col velo scarlatto con le mani tirate su, ci porta all’icona della Vergine di Novgorod “Znamenije” (“Il Segno“), ben nota. Il pittore fu profondamente colpito dalle icone antiche di Novgorod, appena scoperte in quel periodo, riconoscibili dal loro colore rosso-scarlatto, luminoso, vivace e “sonoro come una campanella”. Già in quest’opera si vede bene la tavolozza caratteristica – rosso, blu e giallo – ideata dal pittore, ed anche il suo atteggiamento verso la prospettiva sui quadri. La prospettiva che Petrov-Vodkin creava nelle sue composizioni, lui la chiamava ” prospettiva sferica”. Lа sfera è una forma perfetta che simboleggia l’universo illimitato nel tempo e nello spazio, attraverso la quale l’artista attribuiva un carattere simbolico ai suoi quadri. Nel quadro “Sulla linea del fuoco” del 1916 è raffigurato l’esercito russo. In primo piano ci sono i soldati, oltre loro vediamo la terra nelle sfumature blu, data anche nella prospettiva sferica. L’asse verticale della composizione è la figura di un soldato colpito al cuore. Questo si appoggia sulla terra solo con un piede, come se stesse per spiccare il volo; il suo volto tenero rappresentato a tre quarti è come quello di un angelo sulle antiche icone russe. Ciò non è casuale. Gli angeli vengono chiamati “L’esercito celeste” e un guerriero terreno, che combatte per la verità, ne fa parte.

La tela intitolata “Fantasia” del 1925 è legata direttamente al quadro “Il bagno del cavallo rosso” del 1912. Su  entrambe le opere il centro della composizione è definita dalla grande macchia del colore rosso- scarlatto del cavallo. Nella prima scena il cavallo è tranquillo, solo lo zoccolo anteriore è sollevato in attesa di un passo come nelle antiche icone russe dei santi martiri a cavallo e intorno ad esso si vede un vortice dello spazio sferico. L’immagine ideale del ragazzo-cavaliere nudo è fuori dal tempo, è un simbolo, come il cavallo è simbolo della Russia. Nell’opera “Fantasia” del 1925, il cavallo è già sganciato sulla distesa, galoppa in alto e il cavaliere agitato non sa ancora dove, alla fine, lo avrebbe condotto il cavallo. Sotto gli zoccoli c’è la Russia, dipinta delle tonalità blu-verdi, con izbe e chiese, rappresentata nella prospettiva sferica, come se fosse tutto l’Universo.

La tela “Operai” del 1926 rappresenta quattro tipologie umane molto diverse fra loro. I gesti delle mani grosse e muscolose sono molto espressivi, le facce sono ruvide; sono gli uomini “della terra”, della fabbrica. In primo piano vediamo un soggetto con tratti generici, quasi iconografici, ma grezzi, con un’espressione tragica sul volto. Un altro con il viso sincero ricorda un po’ il pittore stesso, mentre il terzo è rappresentato bruscamente di profilo in modo antitetico rispetto al primo ed esprime un certо “distacco dalle radici”. Il quarto soggetto in fondo sembra quasi un lavoro non portato a termine.

Non è casuale la sinergia di Petrov-Vodkin nelle sue trasformazioni rivoluzionarie. Fu un pittore di provenienza popolare ed ha trapiantato i modi della composizione delle icone antiche sulle sue tele rivoluzionarie. La rivoluzione proletaria era ardentemente appoggiata dai vecchi credenti, a partire dai mercanti e fabbricanti che, da una parte, ricercarono e restaurarono le icone antiche e le collocarono nelle varie collezione, e dall’altra finanziarono il movimento rivoluzionario. Tutti insieme sognavano di liberarsi dal potere zarista dei Romanov e dalla chiesa moderna (“niconiana”), che respinse i vecchi credenti dopo lo Scisma della Chiesa nel 1654.

 Valentin Serov, Ritratto della ballerina Ida Rubinstein, olio su tela, 1910 ©State Russian Museum, St. Petersburg

Valentin Serov, Ritratto della ballerina Ida Rubinstein, olio su tela, 1910 ©State Russian Museum, St. Petersburg

Un altro pittore che raffigurava la vita del popolo – dei contadini, cittadini e mercanti – fu l’allievo di Repin – Boris Kustodiev. Al Museo di Bologna vengono esposte due opere dell’artista: un quadro dipinto prima della Rivoluzione “La moglie del mercante” del 1915, che rappresenta non un carattere individuale, ma un tipo femminile generalizzato, che appartiene ad una classe sociale, quella dei mercanti, che abitavano nelle città sul Volga (il pittore stesso nacque ad Astrahan). Il suo quadro corrisponde alle opere scritte dal classico russo Aleksandr Nikolaevič Ostrovsky, che descriveva la vita quotidiana della classe dei mercanti russi. I colori luminosi contrastanti – il vestito viola insieme alle foglie gialle degli alberi e l’oro delle cupole – ricordano l’arte popolare di “lubok” (le scene delle fiabe, dipinte sulle tavolette di legno dei pittori popolari anonimi). Un’ altra tela scelta per la mostra è il panello dipinto dopo la Rivoluzione :“Celebrazione del secondo congresso dell’Internazionale comunista su Piazza Uritskij del luglio 1920”, del 1921. Essa presenta una sorta di ritratto collettivo della gente che ha vinto la Rivoluzione e sullo sfondo vediamo l’ ex palazzo zarista. Il Palazzo d’Inverno messo in ombra rappresenta il passato mentre in primo piano ci sono molte persone del popolo e delle bandiere rosse, i simboli del trionfo della Rivoluzione. Il colore rosso è sempre stato amato dal popolo russo e aveva un ruolo importantissimo, sia nelle icone antiche, sia nell’arte sovietica. Non è casuale che i termini “bello” e “rosso” si esprimevano con la stessa parola nella lingua antica russa.

Questa linea del realismo nell’arte, nello stato socialista in costruzione negli anni ’30, fu portata avanti dai pittori sovietici: Alexander Samohvalov, Vladimir Malagis (emtrambi alunni di Petrov-Vodkin), Alexei Pakhomov, Konstantin Juon, Isaac Brodsky, Vasily Kuptsov, la scultrice Vera Mukhina e da altri autori, scelti per l’esposizione nel Museo d’Arte Moderna di Bologna.

 

“Revolutjia”. Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky

12 Dicembre 2017 – 13 Maggio 2018

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Via Don Giovanni Minzoni, 14 

40121 Bologna 

mostrarevolutjia.it

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