L’orologio della torre di piazza San Marco a Venezia

© Leopoldo Cecchi

L’orologio che domina Piazza San Marco a Venezia, una delle mete più frequentate dal turismo internazionale, è probabilmente uno degli orologi più conosciuti al mondo.

Venezia - 18 gennaio 2017 - Ugo Pancani

La sua costruzione risale al 1493 quando la Serenissima Repubblica di Venezia incarica Gian Paolo e Gian Carlo Rainieri, padre e figlio orologiai di Reggio Emilia, di costruire il movimento per un nuovo orologio pubblico da posizionare in Piazza S. Marco. A quel tempo non era stato ancora stabilito dove posizionarlo nella piazza, e nel 1495 fu deciso di costruire la Torre attuale. La costruzione durò tre anni e per ospitarla furono demoliti alcuni edifici della “Procuratia de Supra” in Piazza S. Marco.

Nel frattempo, nel dicembre 1497, Simone Campanato termina la fusione della grande campana (alta 1,56 m. e dal diametro di 1,27 m.) posta sulla sommità della Torre assieme ai due Mori (alti 2,6 m.) che la percuotono alternativamente coi loro martelli.

Le statue rappresentano due pastori e la patina scura che si formò sulla loro superficie in poco tempo, favorì il nomignolo di “MoTorre dell'orologio_10 (662x1024)ri” tutt’oggi in uso. Inizialmente l’orologio era provvisto di un’altra campana con due martelli che suonava poco prima di quella principale per avvertire le persone di stare attente ai colpi che da li a poco avrebbero suonato i Mori.

L’orologio inaugurato il primo febbraio del 1499 dal Doge Agostino Barbarigo creò da subito grande meraviglia dei veneziani  per i suoi automi e le particolari indicazioni del quadrante.

Il posizionamento dell’orologio sulla torre della piazza, ben visibile arrivando dal mare, sicuramente non casuale, diventa presto il simbolo della ricchezza di Venezia.

L’orologio era azionato da pesi ed aveva uno scappamento a foliot. Ben poco si sa del movimento, ma la grande meraviglia era la Processione dei Magi: i tre Re passavano davanti alla statua dorata della Madonna col Bambino e s’inchinavano, preceduti dall’Angelo Annunciatore che suonava la tromba. Da notare che la tromba produceva effettivamente un suono, tramite un mantice ed una canna ad ancia. Attualmente, le statue dei Magi non sono quelle originali del 1499 ma una replica molto fedele.

Torre dell'orologio_09 (1024x768)

L’indicazione astronomica era sicuramente la parte più affascinante del meccanismo. Nel quadrante principale di 4,5 mt. di diametro,  suddiviso con le 24 ore dell’ora italica, si potevano leggere in cerchi concentrici le posizioni dei pianeti, secondo il sistema Tolemaico:  Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio, la posizione del sole  inserita nello Zodiaco e l’indicazione delle fasi lunari. Un altro quadrante posto sul retro della Torre, indicava solo il tempo.

Il primo temperatore dell’orologio fu Gian Carlo Ranieri e fin dall’inizio, il governo della Serenissima Repubblica permise che vivesse con la sua famiglia all’interno della Torre, iniziando così una tradizione che durerà fino al 1998, tutt’ora è possibile visitare l’appartamento dove risiedevano i temperatori.

 Per circa due secoli e mezzo si susseguirono interventi di restauro sull’orologio e interventi di ampliamento dell’edificio della Torre.

L’intervento più significativo sull’orologio avviene nel 1755, ad opera di Bartolomeo Ferracina, considerato il più rinomato orologiaio del tempo, che costruisce un movimento completamente nuovo, con le innovazione orologiere che si erano succedute nel tempo. Fra queste innovazioni quella sicuramente più innovativa era l’applicazione del pendolo come organo regolatore, con una lunghezza complessiva di 4 metri che obbligò il Ferracina a creare un foro sul pavimento che permettesse la libertà di oscillazione. Una foto del 1857 mostra la visione della lente del pendolo che oscilla dentro una vetrina nella stanza sottostante.  
Torre dell'orologio_05 (1024x768)

Con il restauro del 1857, eseguito da Luigi de Lucia, l’orologio di San Marco diventa uno dei primi orologi da torre del mondo con indicazione del tempo digitale. Questo fu possibile con l’applicazione di due grandi ruote chiamate tàmbure, con dodici pannelli metallici traforati e coperti con vetri, riportanti l’una l’indicazione delle ore con numeri romani e l’altra l’indicazione dei minuti con numeri arabi, ad intervalli di cinque. I pannelli erano illuminati dall’interno mediante lampade a gas (poi convertite ad energia elettrica) in modo da rendere le indicazioni chiaramente visibili anche nelle ore notturne.   

L’intervento del Ferracina del 1755 aveva purtroppo trasformato il quadrante dall’ora italica (divisione in 24 ore) in 12 ore; solo nel 1896 fu riscoperto il quadrante originale come lo vediamo adesso.

I restauri si sono susseguiti fino ai nostri giorni, l’ultimo è stato eseguito nel 1996 da Alberto Gorla, con la consulenza di Giuseppe Brusa, finanziato dell’azienda svizzera di Haute Horlogerie Piaget. Attualmente è possibile visitare il movimento dell’orologio con le significative modifiche dell’ultimo restauro.    

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