Bologna - 30 ottobre 2015 - Eleonora Ferrante
Viene considerata un’arte, quella del cappello, che sta non solo nel confezionarlo ma anche
nell’indossarlo. Limitativo definirlo un accessorio – elemento fondamentale non solo per la moda ma della storia del costume – è stato certamente il trend dell’estate 2015, ma la sua storia ha origini antichissime.
Nasce nell’antico Egitto, passa per la Grecia, per l’Asia, fino ad arrivare in Europa. Veniva considerato essenzialmente come un indumento ideato per ripararsi dal sole o per difendersi dal freddo e dalle intemperie. Dal Medioevo però il cappello, diventa non solo un forte simbolo culturale, ma in un certo senso rappresenta la creatività di chi lo indossa, benché fossero ben pochi coloro i quali potevano permettersi non solo un capo di moda così pregiato, ma addirittura di adornarlo secondo il proprio gusto.
Nel Rinascimento i materiali utilizzati per confezionare questo capo sono tra i più pregiati, e il cappello diventa sempre più sontuoso ed accessibile a pochi.
Nel XV secolo trionfa il cappello di feltro; Carlo VII fu uno dei primi ad indossarlo con un feltro in pelo di castoro. Ma non solo: piume, fibbie e nastri adornano i copricapo della nobiltà europea per tutto il ‘600.
A fine Seicento invece fu Luigi XIV a lanciare la moda del tricorno, ovvero il cappello a tre punte (non solo materiali pregiati quindi, ma anche le dimensioni sono “extra-ordinarie”). È il secolo delle enormi parrucche, cotonature alte, folti boccoli sia per l’uomo che per la donna. Il cappello diventa quindi un must have dell’eleganza maschile del tempo, oltre che ad essere un simbolo di valenza sociale e culturale.
L’800 è il secolo del cilindro, creato nei primissimi anni del secolo dal cappellaio londinese Herrigton. Nel corso degli anni, questa nuova creazione d’alta moda sostituì definitivamente il tricorno, soprattutto nelle occasioni di cerimonia.
Per quanto riguarda invece la moda femminile, l’800 vede nascere una grande industria sviluppata soprattutto in Italia (a Firenze), che è quella del cappello di paglia. La paglia utilizzata per i cappelli deriva infatti dal semino – proveniente dall’Abetone – e dal gentile rosso, la cui coltivazione si concentra in Toscana.
Per quanto riguarda invece il resto d’Italia, la pregiata produzione manifatturiera del cappello si concentra al nord, nei centri di Alessandria, Monza e Milano. Particolarmente rilevante è la produzione di Alessandria, che vede i suoi albori nella metà dell’Ottocento con Giuseppe Borsalino. Ben presto la fama di questa azienda – e di quest’uomo, che aveva appreso l’arte dei cappelli in Francia – arriverà in tutto il mondo.
Nella metà del ‘900 è Monza che vede un’importante fioritura nella produzione di cappelli di feltro di lana.
Nei primi anni del XX secolo i cappelli sono ancora un ramo importante dell’economia italiana. Negli anni ’20 sono un accessorio indispensabile sia per l’uomo che per la donna, con un notevole incremento delle commissioni su misura che vedono non solo una grande varietà di forme ma soprattutto un’importante diversificazione dei materiali utilizzati, grazie soprattutto alle più moderne forme di lavorazione e confezionamento.
Ben presto però, quello che fino a pochi anni prima era stato un simbolo di eleganza e prestigio sociale, negli anni ’50 inizia un lento declino.
Oggi, sebbene il mercato del cappello rappresenti una fascia di nicchia, per ogni stagione i più grandi stilisti continuano a proporre nuovi modelli, utilizzando materie prime tradizionali ma con fogge molto più contemporanee.
Il cappello ha caratterizzato alcune delle icone del nostro tempo, come Humphrey Bogart con il suo Borsalino, Audrey Hepburn con il cappello a tesa larga nel celebre film “Sabrina”, oppure Charlie Chaplin con la bombetta.
Oggi, la versatilità di questo splendido capo di moda ci permette di utilizzarlo sempre e ovunque; che sia in spiaggia oppure in città per un aperitivo, il cappello è un elemento che aggiunge un tocco di sofisticata eleganza ad ogni outfit.
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