Ghetto Ebraico

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padova - 5 febbraio 2016 - Federica Favaro

Mancano i documenti per stabilire con certezza quando gli Ebrei si stabilirono a Padova, ma nel XIII secolo sappiamo che numerose famiglie vennero a vivere qui, favorite dagli statuti comunali, dalle attività mercantili e dalla liberalità veneziana. Nel 1541 anche a Padova, come già a Venezia, si iniziarono le pratiche per definire un luogo “stabile e separato”, dove non ci fosse alcun cristiano residente o con attività lavorativa. Nel 1603, subito dopo le feste di Pasqua, le famiglie ebree residenti a Padova andarono a stabilirsi nel Ghetto: un gruppo di case comode e grandi, attraversato da strade strette e tortuose, chiuse da quattro porte – vigilate da un cristiano e da un ebreo, con iscrizioni nelle due lingue e il leone di San Marco – dalle quali non si poteva uscire dopo le due di notte. Il Ghetto era però un luogo animato: nel 1615 vi erano ben 64 negozi frequentati dai cittadini: veniva esercitata prevalentemente l’arte della strazzeria, ovvero il piccolo commercio di oggetti usati, ma ai banchi ricorrevano anche per prestiti specialmente studenti e professori. All’arrivo dei Francesi, nel 1797 gli ebrei furono dichiarati uguali agli altri cittadini, le porte vennero abbattute e la contrada del Ghetto venne chiamata via Libera. Rimangono tracce dei cardini presso il lato occidentale della Chiesa di San Canziano e presso una parete di un edificio all’incrocio di via San Martino e Solferino con via Roma, dove due lapidi, una in latino e l’altra in ebraico, ricordavano agli ebrei di ritirarsi all’interno del loro quartiere al tramonto. La colonia israelitica padovana era molto numerosa grazie alla tolleranza della Repubblica di Venezia e all’Università che, a differenza di tutte le altre in Italia ed in Europa, ha sempre accettato studenti di ogni religione, inclusa quella ebraica.
Dato che agli ebrei era vietato risiedere altrove, come a Venezia, le case del quartiere, eterogenee e spesso ricche di elementi di recupero, si sono sviluppate in altezza e, nonostante le trasformazioni e i rifacimenti, conservano ancora l’impianto romanico. Di particolare interesse sono le quattro colonne con capitelli tutti diversi in via San Martino e Solferino, di fronte all’imbocco di via dell’Arco. Attraverso un sottoportico, si raggiunge la Corte Lenguazza, con loggetta e ruderi della vecchia Sinagoga. In passato costituiva l’animato centro sociale e religioso del quartiere: qui vi si potevano acquistare gli azzimi e la carne preparata secondo i rigidi precetti ebraici. Verso est, in Via delle Piazze, sorgeva la prima grande Sinagoga di rito tedesco che fu inaugurata nel 1525 e che nel 1943 venne distrutta da un incendio. Il suo restauro è stato terminato nel 1998.
La bellezza del ghetto sta nelle sue vie anguste, nelle suggestive facciate di alcuni palazzi, nelle abitazioni altissime, nelle piccole botteghe che si sono diffuse anche nelle vie circostanti dopo la soppressione del Ghetto. Oggi in questa suggestiva zona si concentrano molte enoteche e locali tipici.

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