Ravenna - 23 giugno 2016 - Karina Mamalygo
L’ultimo capolavoro dell’arte bizantina a Ravenna è la Basilica di Sant’Apollinare in Classe. La piccola città sul litorale Adriatico Civitas Classis era il porto di Ravenna, ospitava i marinai e i viaggiatori. Proprio in questo porto, alla fine del I sec., arrivò una nave da Antiochia e con lei Sant’Apollinare che era già cristiano.
Fondò la prima comunità cristiana di Ravenna, diventò il suo primo vescovo, subì il martirio e fu sepolto nel cimitero fuori dalle mura della cittadina. Sulla sua tomba, nel 536, l’Arcivescovo di Ravenna Ursicino eresse una bellissima basilica, sempre col denaro del banchiere Giuliano Argentario. La chiesa fu consacrata nel 549 dal arcivescovo Massimiano.
Il progetto architettonico continua l’idea partita con la chiesa di Sant’Apollinare Nuovo: una basilica a tre navate con quelle laterali abbassate, con la facciata e i muri lisci, letteralmente piena di finestre. Sul lato nord, leggermente staccato dalla basilica, fu eretto un campanile a pianta circolare con tre tipi di finestre: monofore, bifore e trifore.
Lo spazio interno è sommerso dalla luce che entra dalle finestre; la navata centrale è molto larga; le navate laterali sono ancora più strette, unendosi alla navata centrale tramite ampi archi. Le colonne, scolpite nel pregiato marmo del proconneso, sembrano più sottili e senza peso grazie alle imposte ed ai piedistalli più grandi del solito. Il disegno naturale delle venature sulle colonne segue il ritmo ondulato degli archi.
La grande abside e l’arco trionfale della basilica sono decorati da mosaici di vari periodi, tra il VI e il XI secolo. La composizione allegorica del VI sec., “La Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor”, situata nel catino absidale è unica nel suo genere: il Salvatore è rappresentato con l’immagine della Croce nella sfera celeste, decorata con stelle dorate, nel centro di essa è stata posto il Pantocratore in un clipeo d’oro; al di sopra appare la mano benedicente di Dio; la sfera è affiancata dai Profeti Mosè ed Elia; i discepoli di Cristo Pietro, Giacomo e Giovanni rappresentati da candidi agnelli nel giardino celeste. Più in basso la meravigliosa immagine di Sant’Apollinare nel Рaradiso; secondo gli studi di G. Bovini, la figura del Santo Vescovo illustra letteralmente il testo della predica di Pietro Damiani in memoria di Sant’Apollinare: «Qui vivit, ecce ut bonus Pastor suo medio assistit in grege» («Qui lui vive, ecco il buon(o) Pastore che sta in mezzo al suo gregge»).
Nel VII sec. furono aggiunte le composizioni «Il dono dell’Imperatore Costantino» e «I sacrifici di Abele, Mosè ed Abramo»; entrambi, in un certo senso, cercano di seguire gli esempi precedenti della chiesa di San Vitale. Tra le finestre dell’abside sono raffigurati quattro Santi Vescovi in piedi: Ecclesio, Severo, Ursus ed Ursicino. Le belle immagini degli Arcangeli Michele e Gabriele sui pilastri dell’arco trionfale, probabilmente, risalgono al IX sec. La scena dei “Dodici agnelli davanti a Gerusalemme” e il Pantocratore, circondato dai simboli degli evangelisti, sono datati al XI secolo.
Lo stile dei mosaici porta le tracce del gusto occidentale: le linee secche e rigide; le macchie vive ed intense dei colori compensano il calo della maestria artistica.
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