Firenze - 27 settembre 2017 - Karina Mamalygo
I padri domenicani, nel contesto della dottrina della devotio moderna, nell’epoca Rinascimentale crearono un nuovo genere della letteratura religiosa, “le sacre rappresentazioni”, distaccato completamente dai testi canonici liturgici dei messali. Esistevano le cosiddette “scene-misteri” sulla vita di Cristo, della Vergine Maria e dei santi, spesso recitate da giovani artisti sulle strade della loro città. Sopratutto Firenze nella seconda metà del XV secolo fu famosa per le sue rappresentazioni di “misteri stradali”: spettacoli in cui i bambini e ragazzi personificavano i personaggi del dramma sacro. Ogni rappresentazione iniziava e finiva con l’annuncio di un angelo e al termine dello spettacolo questo angelo invitava tutti gli spettatori ed artisti a cantare un inno trionfale e a ballare in tondo.
Nacquero così due livelli di dottrina, la predica del Santo Vangelo, comprensibile e vitale per il popolo, e il concetto della devozione personale, per i monaci. Il convento di San Marco divenne il nucleo della rinnovata vita spirituale: fu ricostruito grazie alla donazione di Cosimo de’ Medici negli anni 1437-1444 dall’architetto Michelozzo di Bartolomeo e venne decorato da Fra Beato Angelico negli anni 1439-1445.
All’interno di questo convento è rappresentato anche il ballo in tondo che veniva eseguito dal popolo nelle piazze e lo si può ammirare sulla Pala del Giudizio Universale. Le celle del convento invece, secondo lo Statuto di San Domenico, contengono solamente le scene del Vangelo, che invocano alla preghiera e alla meditazione. Nella prima cella del dormitorio monastico sono raffigurati Cristo e Maria Maddalena nella composizione Noli me tangere. Nella terza cella si trova l’affresco dell’Annunciazione e sopra a questo vediamo pareti bianche e una finestra aperta: nulla doveva distrarre l’asceta dalla preghiera. Nella composizione sono raffigurati immobili, quasi statuarie, le figure della Madre di Dio e dell’Arcangelo Gabriele. Alle spalle dell’angelo è rappresentato, nella posizione della contemplazione profonda, San Pietro Martire, lodato dai domenicani. L’altra raffigurazione dell’Annunciazione, di fama universale, si trova davanti alla scala che porta al dormitorio: comunica la “Buona novella” a chi entra. Il portico dipinto in questa scena riproduce fedelmente l’architettura reale del monastero, tuttavia i tre archi alle spalle dell’Angelo ricordano la Santa Trinità dalla quale è venuto l’annunzio, e i due archi in primo piano simboleggiano le due nature di Cristo.
Vale la pena visitare questo monastero, uno scrigno d’arte italiana poco conosciuto ma che contiene una traccia di un passato fondamentale per la storia di Firenze.
Museo di San Marco
Piazza San Marco, 3
50121 Firenze
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